Un dispositivo che produce energia utilizzando le correnti degli oceani. Innovativo nella sua semplicità, vuole raggiungere un nobile obiettivo: donare acqua pulita ai paesi in via di sviluppo. È la “migliore giovane scienziata d’America” dopo aver vinto la Discovery Education 3M Young Scientist Challenge. Hannah Herbst ha appena quindici anni ma le idee molto chiare: vuole aiutare chi ne ha più bisogno e ha sempre desiderato essere una “maker”. Per questo ha inventato un dispositivo in grado di generare energia sfruttando la potenza degli oceani, grazie a un progetto che chiama BEACON, ossia “Bringing Electricity Access to Countries Through Ocean Energy Collection”. Nel video di presentazione è la stessa Hannah a spiegarne il funzionamento, dopo averlo testato nelle acque della Boca Raton Intracoastal Waterway, in Florida, dove sono presenti correnti provenienti dall’Oceano Atlantico.
Da un prototipo low cost una speranza per i paesi poveri
Costato appena 12 dollari e realizzato in materiale riciclato, il dispositivo è formato da un’elica – creata con una stampante 3D – collegata a un generatore idroelettrico mediante un sistema di corde, inserito all’interno del tubo in PVC: il movimento meccanico delle correnti si trasforma così in energia utilizzabile per diversi scopi. L’Ocean Energy Probe per ora è un prototipo in piccola scala: se venisse riprodotto in grande scala, potrebbe essere utilizzato per la desalinizzazione dell’acqua di mare, in modo da ottenere acqua dolce. Ma non solo: l’elettricità così generata potrebbe alimentare kit medici di emergenza oppure segnalatori marini. Secondo i dati dell’International Energy Agency, circa 1,3 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso all’energia elettrica: il 97% vive nell’Africa sub-Sahariana e in Asia. «Mi sono sentita in dovere di fare qualcosa quando ho ricevuto una lettera in cui mi venivano descritte le condizioni di vita in Etiopia dalla mia amica di penna di nove anni» racconta Hannah «Lei vive in povertà energetica e non ha accesso all’elettricità che potrebbe anche servire per i dispositivi salvavita».
Un progetto che il suo mentore, Jeffrey Hemslander, scienziato della multinazionale 3M, che l’ha seguita in tutto il suo percorso, ha subito capito avrebbe avuto una chance. «Penso che in quanto scienziati bisogna essere ottimisti. Se credi che qualcosa non funzionerà, probabilmente hai ragione. Quando ho visto l’idea di Hannah per la prima volta, l’ho immaginata in funzione: per me ha senso capire come raccogliere l’energia che l’acqua è in grado di produrre. So che c’è energia negli oceani e nei fiumi, abbiamo grandi stazioni idroelettriche nel mondo: ciò che Hannah ha fatto è stato identificare la necessità di averne a disposizione piccole quantità e produrla per tutti coloro che vivono in povertà energetica. L’energia è lì, la sfida era inventare qualcosa che potesse accumularla e Hannah ha fatto un ottimo lavoro».